Life In Low-Fi

Ora basta, anarchia!

Mi piace, qui. É semplice, pulito, nulla si intromette tra me e le mie idee a parte il mio cervello (hai detto niente).

É che l’app, ogni tanto, sbrocca. Dice: dovresti apprezzare l’affinità.

P.S. Comunque, questo è un test, se non si fosse capito. Anche queste righe lo sono: editing al volo di un post appena pubblicato. “Fino a qui, tutto bene”, diceva il poeta.

A mantenere viva la mia insana passione per la fantascienza, oltre al già citato Project Hail Mary, questo mese si aggiungono ben due anime.

Il primo è Lazarus, attesissima opera del creatore di Cowboy Bebop (e c’è tanto Bebop qui...il che è ovviamente un bene), con la collaborazione del “coreografo di mazzate” di John Wick. Prima puntata sfoggio di arroganza, plot spiegato in tre secondi e stile da vendere. Sara bellissimo.

Secondo, Your Forma: a giudicare dal primo episodio, un misto piuttosto ben fatto di Ghost In The Shell, I, Robot e Psycho Pass. Nonostante qualche concessione all’estetica contemporanea (le sigle sono un po’ troppo “romance”), promette comunque bene. E poi, il tutto parte col più classico caso di apparente violazione delle Tre Leggi…

Ho iniziato (“iniziato”...200 pagine in un giorno) Project Hail Mary, di quel fenomeno vero che è Andy Weir (famoso per aver scritto The Martian e per aver fatto parte del team di sviluppo di Warcraft 2).

Asimov, soprattutto il meraviglioso ciclo di Powell e Donovan), Crichton (Sfera su tutti) e ovviamente The Martian stesso.

Un’agevole cinquecentina di pagine (variabili in base al formato) che scorrono via come l’olio, tra deliri iperdettagliati di calcoli e nozioni scientifiche e uno humor assolutamente perfetto (per chi avesse letto The Martian, una nota sarà sufficiente: siamo ai livelli del “ninja-pirata”).

Diamine, quanto adoro la fantascienza.

Il grande successo di Facebook o di Instagram non è stato in nessuna maniera una forma di circonvenzione di incapace ma semmai qualcosa d’altro. Il successo dei social è stato il risultato della lettura molto precisa delle aspirazioni e dei desideri di una massa di persone che, nel frattempo, era diventata enorme e varia.

Massimo Mantellini

PixelEnvy riferisce che Cloudflare ha sviluppato quello che chiamano un “Labirinto AI”, ovvero una serie di link interagenti tra loro che servono a rilevare e a rallentare i bot che non rispettano le indicazioni di astenersi dal crawling nei siti web.

Un utilizzo intelligente – e francamente mi viene da chiedermi come mai ci sia voluto così tanto tempo – dell’enorme potenza computazionale dell’AI.

Scatenare macchine per difenderci da altre macchine è una strategia vecchia, di cui questa è solo la più recente e “stilosa” applicazione.

Subito sotto il divertimento e il “solletico” intellettuale, però, mi viene alla mente un altro filmato piuttosto recente: quello in cui due AI, messe a “dialogare” tra loro, si riconoscono come tali e passano ad un livello di comunicazione per loro più efficiente, che consiste in modulazioni simili al vecchio handshake dei modem. Rendendo così impossibile per un essere umano comprendere quali dati vengano passati.

E se bot impiccioni e “guardie AI” si mettessero d’accordo? Esiste una possibilità di “corruzione” dei controllori artificiali?

Cancellati gli account X e Instagram. Come fu all’epoca per Facebook, il tempo che passo – o che, nel caso di X, NON passo – sulla piattaforma non vale un equivalente tempo speso a fare altro.

A volte, questa semplice considerazione può essere una motivazione più potente dello schifo che ormai Meta e X rappresentano.

Una delle cose più affascinanti che abbia visto da mooooolto tempo.

Grazie a Riley Walter che ha avuto quest’idea incredibile, che pare la fusione di YouTube, delle Backrooms e di Blair Watch Project (nel senso del “found footage”) e a MacStories che me l’ha fatta scoprire.

P.S. Al diavolo i social, RSS DOMINA. 😂

Da Ellissi, interessante come al solito.

“Il buon storytelling nell’informazione si deve confrontare con due nemici principali, credo.

Il primo lo chiameremo «story-yelling»: la necessità di “urlare” più degli altri, di evidenziare il dettaglio morboso, di sparlarla grossa. Di riempire pagine con casi di cronaca, innescando un circolo tutt’altro che virtuoso, in cui si fa fatica a distinguere informazione e rumore.

Il secondo lo chiameremo «story-selling»: la tendenza a “vendere” una storia come una merce. Articoli a pagamento non dichiarati, ripubblicazione massiccia di comunicati stampa, e in generale la tendenza a un abbassamento degli standard editoriali e deontologici.”

È vero che uso WriteFreely a periodi, spesso solo su iPad e in altri momenti esclusivamente su iPhone, ma talvolta la sincronizzazione tra i due e il server rant.li mi lascia perplesso. Non scrivo romanzi, il blog non ha parte grafica, non dovrebbe essere particolarmente “impegnativo” da gestire. Esplorerei alternative, ma il nullo tempo a disposizione e alcune terribili esperienze passate (per diversi motivi) mi trattengono.

A volte però, gradirei un po’ più di “prospettiva” (tanto per citare uno dei miei personaggi preferiti dell’animazione di tutti i tempi).

Da Om Malik

“Blogging it’s an individual and, I would say, selfish act — you do it because it is what you want to do for you.” Pure blogging is “blogging” because you have something to say. To me, that ability is what makes you a pure blogger. Any other explanation of blogging “is just the traditional idea of media,” meant for an audience and reach.”

Illuminante e totalmente condivisibile. Se non fosse così lungo, potrei usarlo come sottotitolo del blog. Ma sono troppo affezionato al mio classico “non-motto”.

Però, se finalmente mi decidessi a fare una “About me”...magari anche una serie di links...riesumare Automatic in Low-Fi...chissà.