Quote of the day
Facciamo un’ipotesi. Che esista, sulla carta, un ragionevole compromesso tra “siete benvenuti a prescindere” e “non vogliamo essere invasi”. E che la soluzione migliore per alzare il livello dei diritti sia alzare, in pari misura, quello dei doveri. Cioè che diventare italiani debba essere più rapido, più facile, con norme più accoglienti; ma esista un “prezzo d’ingresso” non trattabile, ovvero l’accettazione di regole condivise (il primo esempio che viene in mente è l’autodeterminazione delle ragazze); la messa in chiaro di rapporti di lavoro spesso sottaciuti e sottopagati (e questo riguarda più i datori di lavoro italiani che gli immigrati in cerca di lavoro); l’apprendimento della lingua, spendendo risorse per insegnarla, cosa attualmente lontanissima dalla realtà; e insomma stabilendo che l’accoglienza richiede un patto di intesa tra gli accoglienti e gli accolti: noi ti mettiamo in regola, ma che la messa in regola abbia successo è una cosa che dipende molto anche da te.
Bene. Anche nel caso, molto improbabile, che questo “piano migranti”, con i suoi bravi pesi e contrappesi, vedesse la luce, rimarrebbe intoccata la vera causa delle profonde divisioni che le grandi migrazioni della nostra epoca (e probabilmente tutte le precedenti) producono nelle società di approdo. Il concetto stesso di nazione, di Italia, di “identità nazionale”, è radicalmente diverso a seconda che lo si consideri come un presidio etnico-culturale ben definito, e sostanzialmente immutabile, o una comunità cangiante, permeabile, del tutto indifferente alla sua composizione etnica e religiosa e attenta solo alle regole di concittadinanza.
Michele Serra