Life In Low-Fi

Ora basta, anarchia!

Arrivo -tramite uno dei blog di Nicola – ad un post che contesta l’utilità della “homepage fatta apposta” nei blog.

L’autore ha questa configurazione in uso: personalmente, la trovo splendida.

Concordo circa l’inutilità di una “homepage” in senso classico, pur ritenendo fantastica quella del blog di Robin Rendle (che però, bisogna ammetterlo, di “classico” ha davvero poco).

Non ho praticamente mai utilizzato tag e categorie, temendo possano farmi ricadere – in uno spazio che vorrei più istintivo possibile – nella sindrome dell’archivista: passare più tempo ad occuparsi della categorizzazione di ciò che scrivo, che della sua sostanza.

Detto questo, ho appena fornito due esempi molto diversi di blog, dichiarando – sinceramente – di ammirarli entrambi.

Credo non esista una sola formula, né che la conformazione di un sito dipenda solo dalla sua “categorizzazione”. Dietro il proprio angolino di internet esiste l’autore, con la sua personalità, i suoi gusti (anche estetici: sono convinto che il proprio sito debba piacere prima di tutto a se stessi) e le sue urgenze. Si scrive, su Internet è/o altrove, per mille motivi, ma tutti sono riconducibili ad un’urgenza personale, ad una passione.

Con il rischio che si corre continuamente di essere – volontariamente o più spesso inconsapevolmente – incasellati durante ogni nostra attività, questa potrebbe essere una delle pochissime occasioni in cui si riesce -non dico a sfuggire alla classificazione- ma almeno a decorare la scatola in cui siamo infilati.

Sto pensando ad una possibile “divisione” degli spazi online; se non per argomento, cosa a me impossibilmente fastidiosa , almeno per “stile” o “forma”, come preferite.

Questo sarà probabilmente l’erede diretto del vecchio blog vero e proprio, quello sulla famosa piattaforma eccetera eccetera.

Mastodon è ormai – quasi al 100% – IL social network, con Twitter relegato in un angolo pieno di muschio (ma non quello bello, da presepe; quello un po’ inquietante e mezzo fosforescente dei film horror/fantascientifico con la spora aliena che ci accoppa tutti).

Instagram è più consultazione, al momento, per due motivi. Non ho tempo quanto ne vorrei per “uscire a fare foto” (e sì, “la macchina migliore bla bla bla”, ma preferirei scattare con la Fuji che con un iPhone XR) e vorrei pubblicare più su Pexels che su un pezzo di Meta, per evidenti ragioni.

Vagabundo potrebbe assumere allora il ruolo dei “tids and bits”, ovvero dei frammenti puri e semplici, istintivi più che ragionati: citazioni, link, foto “al volo” e simili.

Detta così pare una cosa ragionevole, infatti un po’ mi preoccupa.

Vedremo.

NdA (nota dell’autore): Questo è uno dei post del “vecchio” Life In Low-Fi che ho scelto per fare da “ponte” con le mie nuove incarnazioni digitali. Perché va bene l’intrepida esplorazione dell’ignoto cyberspace 😏, ma qualcosa per fare “casa” ci vuole.

Continua felicemente l’esplorazione del Fediverso. La mia parte pessimista/realista dice che la tossicità ridotta sostanzialmente a zero dipende dal ridotto numero di utenti, soprattutto “generalisti” (in assenza di un termine migliore nella mia testa, attiva già da 4 ore); quella ottimista, che si può sperare che resti così, con un po’ di “vigilanza” degli utenti e degli admin.

Al momento, l’unica cosa che manca – tanto, a mio avviso – è un sistema facile ed universale di sincronizzazione del feed tra app diverse.

Una cosa simile (alla maniera del defunto TweetMarker) serve ora, molto più di quanto servirà in futuro, perché la fase di sperimentazione dei client è quella che stiamo vivendo adesso: tra qualche mese/anno, se tutto resterà in piedi come mi auguro, ognuno sarà già soddisfacentemente piazzato nel suo Ivory o Mona o IceCubes preferito.

Come già detto, scrivere mi è sempre piaciuto, quindi – in seguito alla mia guerra unilateralmente dichiarata alla nota piattaforma di blogging e al noto hosting economico italiano (devo configurare una scorciatoia da tastiera per non scrivere per intero tutte le volte questa formuletta) – sto cercando una nuova casa.

Al momento ne ho trovate addirittura due.

Una è questa, writefreely, che mi piace perché il concetto di “brain dump” é molto simile a quello che ho sempre cercato di ottenere con le mie diverse “incarnazioni online”: un posto dove riversare, appunto, i miei pensieri, le opinioni, dove farmi “domande a voce alta” (senza alcuna garanzia di trovare una risposta, ma vabbè), che ponesse il minor ostacolo possibile tra me e la “pagina bianca” (o nera, se usate il tema scuro del vostro terminale).

Perché mi conosco, e so – l’ho visto succedere molte volte – che se m’imbatto in eccessive possibilità di personalizzazione (non funzionali) vado in una spirale di perfezionismo apparente che va a discapito del contenuto.

L’altro mezzo che sto testando – grazie a Nicola per la dritta – ha dell’incredibile.

Non sapevo si potesse di fatto avere un blog chattando con un bot su Telegram. So che sono strumenti potenti, ne ho avuto qualche assaggio in passato, quando mi ero incuriosito di Homebridge, una delle piattaforme che ha lo scopo di rendere fruibili i prodotti domotici non nativamente compatibili con HomeKit all’interno del sistema Apple. Ma da qui a riuscire a gestire un blog (questa volta anche con immagini, seppur con qualche limitazione) semplicemente scrivendo messaggi ad un bot, ottenendo un risultato più che degno (sempre nell’ottica del “flusso di coscienza”, se cercate cose più articolate guardate altrove), ce ne passa.

La cosa straordinaria, a mio avviso, è che al netto di tutte le sue limitazioni, le quali però verranno notate quasi esclusivamente da chi ha già un’attività o un passato da blogger a qualunque livello, l’interfaccia da “chat qualunque” favorisce in maniera assolutamente inaspettata la trasformazione dei propri pensieri in parole.

L’ambiente è familiare, non c’è registrazione, non ci sono app da scaricare o configurare: si scrive e si pubblica, ottenendo un link singolo al post e una specie di “feed personale” cui gli interessati possono addirittura abbonarsi (anche se sto cercando di capire il meccanismo delle notifiche – credo sia interno al bot stesso come opzione).

Insomma, la soglia d’ingresso si è abbassata in maniera impressionante, soprattutto considerando le prime versioni davvero diffuse di “blog engine” (ho ancora – formalmente – uno spazio su blogger, retaggio di molte vite fa, che svuoterò e trasformerò in una pagina di “rimando” alle piattaforme che uso adesso, e che nessuno mai vedrà).

Questo, anche considerando la mediocrità che questa abbondanza potrebbe riversare su Internet, non riesco a vederlo se non come un bene. In fin dei conti, la mediocrità già imperversa in molti spazi, ma abbiamo ancora la possibilità di schivarla cercando un mostro cantuccio.

Hic manebimus optime.

P.S. ecco i due cantucci in cui mi si trova:

Rant.li Vagabundo

“ Many of the hazards of synthetic media, such as malicious deepfakes, have been well documented and need further attention. Still, AI elicits a special kind of anxiety for the film and TV industry’s creative classes. The question now on everyone’s mind is whether feature-length films made by text-to-video generators will eliminate the skilled labor of screenwriters, graphic artists, editors, and directors.

It is doubtful that Hollywood studios will launch a major lineup of AI-generated features anytime soon.”

Wired

Non solo i motori generativi sono al momento incapaci di sostituire in Totò la creazione da parte umana (tutti ci ricordiamo del problema delle mani, giusto?),ma penso ci sarà un’ulteriore fase di passaggio: quella nella quale ci saranno – come adesso nelle tecniche “tradizionali” – i fuoriclasse del prompt. Poiché una gran parte della variabilità del risultato -o quantomeno la parte che possiamo controllare di queste “Black box” – dipende dal prompt fornito, chi saprà “sussurrare alle AI” nel modo più convincente avrà ancora parecchio da dire.

Sperimentare molto per capire se vale la pena investirci il tempo oppure no, che s’è detto essere poco. Per esempio, supporterà Markdown? Il bold, l’italic e simili?

Oppure si può procedere con una “finta formattazione”, magari impostata su tag html?

Intanto, apriamo un altro fronte. (A proposito, i link? Tipo questo: https://lifeinlowfi.vagabundo.co/?) Quanto ci luce girovagare…

È che io non ho tempo.

Non ho tempo di stare dietro alle idiosincrasie della più famosa piattaforma di blogging mondiale, né del famoso (magari, dal mio punto di vista, famigerato, visto che non è la prima volta che m’incasinano le cose…) hosting italiano che costa poco (e no, non penso sia per quello che ‘incasina).

Io ho solo voglia di scrivere.

Scrivere quello che mi passa per la testa, che leggeranno in 2 o in 20 o in 200 (se, campa cavallo) e non m’importa, poiché scrivo perchè mi piace.

Mi è sempre piaciuto: mi rilassa, mi aiuta a mettere a fuoco cosa penso, mi astrae dai casini eminentemente pratici di cui è costellata la vita (la mia come quella di chiunque, non mi sogno nemmeno di sentimi “speciale”).

Quindi, provo anche questa,.

Vedremo che ne sarà, vedremo cosa può fare la piattaforma “dal lato dell’autore”. Vedremo tante cose.

A me piace sperimentare, meno stare fermo. Mi piacciono gli strumenti che non si frappongono tra me e una pagina bianca (questa cosa mi riporta a galla un’idea delirante di un sacco di tempo fa, ma chissà…il mood è quello giusto, forse, per provare a darle un minimo di “consistenza”).

Se volete scoprire come va a finire (non garantisco alcun finale, buono o cattivo, quindi ehi, almeno avrete la suspence!), ci si vede qui.

P.S. Chi mi ha seguito nelle peregrinazioni precedenti noterà il cambio di firma. Di questa cosa devo ringraziare John Gruber e Luigi Mozzillo.

Un altro posto per sperimentare. Se fossi un fuggitivo, trovarmi sarebbe un casino.

Questo pare un posto comodo.