Un diverso piunto di vista

Interessante spunto nella (interessante anch’essa) newsletter Ellissi pre pasquale (ci si iscrive da qui ).

Valerio propone come chiave di lettura – positiva – del boom delle AI conversazionali (categoria il cui esponente più famoso è ChatGPT) il ritorno della domanda.

Secondo al sua tesi, l’interazione con la Rete si è progressivamente trasformata da una serie di domande, ad esempio gli “spunti” usati dai Social Network per spingerci a fornir loro contenuti, ad una tendenza ad impartire comandi. Più di tutti, sostiene, sono stati gli algoritmi dietro ai motori di ricerca a cancellare la nostra abitudine a chiedere informazioni: con la loro capacità predittiva, sbandierata a più riprese come il proprio punto di forza, ci hanno spinto a ragionare in termini di “chiavi di ricerca”.

Non più “Che tempo farà domani a Genova?”, ma “meteo Genova domani”.

È indubbio come l’evoluzione delle ricerche abbài seguiti o proprio il percorso da lui suggerito, anche se ritegno che una parte del cambiamento sia imputabile al passaggio da “landa inesplorata” a “strumento familiare” che ha vissuto Internet negli anni.

Anche il suo voler “tirare in mezzo” gli assistenti vocali come ulteriori stimoli a comandare invece di chiedere funziona solo in parte, a mio avviso, visto che la natura esecutiva di gran parte delle nostre interazioni richiede una determinata forma (l’imperativo), mentre per il resto l’assistente vocale di turno, con il suo disperato tentativo di umanizzassi, porta a domandare più che a esigere.

Il ragionamento però resta comunque valido, soprattutto nello “scarto” finale, dove Valerio evidenzia come – nell’utilizzo delle AI -generative (e forse più che in quelle testuali, in quelle visivo-grafiche) sia di fondamentale importanza il prompt.

“Fare domande ragionate può dunque stimolare maggiormente la nostra curiosità e la nostra creatività, aiutandoci a rinunciare agli imperativi e – forse – a farci tornare più umili.”

Anche se penso, in virtù del mio status di “più pessimista tra gli ottimisti”, che l’umiltà come virtù dell’utente richieda uno sforzo immane per essere recuperata, e tempi lunghissimi che basterebbero a garantire uno sviluppo delle AI che le porterebbe ragionevolmente a comunicare con noi in maniera telepatica, mi piace pensare che il cambio di modo di ragionare e l’essere forzati a concepire domande articolate migliori gli utenti e faccia loro compiere un percorso evolutivo almeno equivalente a quello della rete neurale che a quelle domande dovrà rispondere.