Uniformità, nel modo sbagliato

Un interessante post su Macstories che descrive le modalità di funzionamento della CIE francese.

Eccezion fatta per un caso d’uso, l’ultimo, ovvero la produzione di un certificato di “notorietà” in forma digitale (che non mi risulta sia fattibile con la nostra CIE via app), l’esperienza è quasi totalmente sovrapponibile.

Questo per quanto riguarda i pregi (personalmente, anche il più piccolo e squallido tentativo di “digitalizzare” la burocrazia è benvenuto: male che vada, sarà un percorso per prove ed errori), sia per i difetti, strani e numerosi e sostanzialmente coincidenti con quelli della nostra versione.

A partire dall’insensata macchinosità del processo di login nei servizi pubblici – ricordiamocelo ogniqualvolta qualcuno propone di abolire SPID per gettarci a capofitto tra le esclusive braccia di mamma CIE – per continuare con i dubbi (che sono peggiori di una conferma in negativo) circa la possibilità di usare davvero la CIE come unico documento d’identità “di persona”, senza sentirsi contestare alcunché o essere guardati con sospetto come “quelli strani a tutti i costi”. Addirittura SNCF (Trenitalia, FF.SS o come volete chiamarla in versione transalpina) non consente l’utilizzo della CIE digitale come documento d’identità, pretendendo che si presenti la versione fisica. Benvenuto, 1924.

Resta sempre – in questi casi – il dubbio che chi concepisce questi sistemi, e ancor più chi ne limita i casi d’uso in maniera cosi arbitraria e pervasiva da renderli quasi inutili, non sia abbastanza di frequente messo in condizione di averne bisogno. Non c’è nulla come sbattere contro cattivi esempi di implementazione per stimolare la volontà di porvi rimedio.