Un timido tentativo d’espansione e interoperabilità

Scopro sul blog di Luigi (grazie, come al solito), scopro l’esistenza di EchoFeed: un servizio che si occupa di fare quello che fino a questo momento ho fatto praticamente a mano, ovvero rendere accessibile il feed RSS di questi miei deliri su Mastodon (e altrove, volendo, ma per ora penso partirò da lì).

Mi fiondo a configurarlo, in maniera da poter più efficientemente appestare il Fediverso, ma nel frattempo vorrei aggiungere una riflessione “volante” a quella già espresse lucidamente dal Nostro circa la sua presunta “perdita di socialità”.

Mi trovo a vivere in una situazione simile, ma proporrei un’ottica diversa, partendo dal mio “allontanamento di fatto” da Twitter/X (già il fatto che lo chiami ancora con il doppio nome indica da quanto tempo non lo frequenti attivamente; non so perchè stia esitando a cancellare l’account, forse per infondato ottimismo nel fatto che possa tornare un luogo vivibile).

Mastodon è stato, all’inizio, un tentativo di trovare qualcosa che somigliasse a ciò che mi aveva fatto innamorare di Twitter: velocità, stringatezza, varietà di fonti e argomenti, uno spicchio di internet che echeggiava (scusa, Luigi ;–) ) l’intero, pur avendo una sua personalità e con il vantaggio di una dispersività infinitamente minore (la rete è piena di cose fighissime, lo sappiamo, ma trovarle a volte è un’impresa oltre la portata dell’utente).

Man mano che lo esploravo, scoprivo alcune peculiarità:

1) Non è Twitter, né aspira ad esserlo. Questo è stato forse il fraintendimento (volontario, temo) più frequentemente alimentato da chi parlava di Mastodon nella fase di sua maggiore visibilità presso il pubblico generalista. Le basi sono differenti, come il modello d’uso e gli obiettivi verso cui si tende a portare lo sviluppo della piattaforma. Anzi, delle piattaforme. Paragonarlo 1:1 a Twitter è come dire che YouTube e Netflix sono identici, perchè entrambi trasmettono video on demand.

2) Le dimensioni non contano . Non solo Mastodon non ha la medesima brama di “espansione illimitata” di Twitter (o, per quel che vale, di qualunque social network prettamente commerciale), ma a tratti è quasi l’opposto: piccolo è bello, specializzato fino all’estremo è bello, ci piacciono le nicchie in cui accomodarci con una bevanda calda e pochi amici selezionati, a parlare delle nostre idiosincrasie condivise. Questo è frutto di un paio di motivi almeno: pochi, se non nessuno, pensa o prova a farci i soldi, quindi “tanti utenti” non equivale a “tanto meglio”: anzi; considerando la natura quasi “hobbystica” della maggior parte dei server che sostengono il Fediverso, “tanti utenti” vuol dire quasi esclusivamente “tanti soldi necessari per adeguare e mantenere l’infrastruttura”. Questo porta, forse, ad uno spiazzante corollario: se da un lato è indubitabile che le piattaforme commerciali sguazzino nella profilazione e nel lucro da essa derivante, d’altra parte **per sostenere una notevole massa di utenti i soldi sono letteralmente necessari **. Insomma, non siamo – noi utenti -forse l’origine delle storture di Instagram, Facebook, X e simili, ma potremmo esserne concausa.

3) La pressione è decisamente più bassa. Non ne soffrivo nemmeno su Twitter, ma su Mastodon mi pare che – per tutti motivi suddetti e altri ancora – l’ansia da prestazione sia davvero al minimo storico. Anche adesso, in una fase in cui gli utenti sono cresciuti parecchio rispetto a quando mi sono iscritto (e non sono stato nemmeno lontanamente tra i “pionieri”, anzi), sembra sempre di essere in un baretto tra amici invece che da Starbucks: se hai qualcosa da dire e hai voglia di dirlo, ok. Magari nessuno ti ascolterà, ma va bene anche così (noi titolari di blog da eoni sappiamo bene quanto ci piaccia e sia terapeutico lamentarci senza necessariamente avere un riscontro tangibile. Dopotutto, scrivo su una piattaforma che si chiama Rant.li ;–) )

Soprattutto quest’ultimo punto mi porta dritto ad una conclusione: quella che ho sperimentato con Mastodon, e che mi apre d’intravedere nelle parole di Luigi, non è una “diminuita socialità”, ma una socialità che assomiglia di più a quella “fisica” e “analogica”. Nessuno di noi si metterebbe a declamare le proprie opinioni in pubblico in continuazione, cercando di far sapere a quanta più gente possibile cosa pensa su qualsiasi argomento. Quella è roba da Hyde Park’s Corner, dove c’è – è vero – gente che declama meravigliosamente poesie a memoria, ma anche chi prova a tutti i costi a convincerti che i Rettiliani stanno dominando il mondo e moriremo tutti prestissimo e malissimo. Noi chiacchieriamo, solo a volte, solo con chi ci va, solo di alcuni argomenti e nemmeno sempre gli stesisi. Soprattutto, chiacchieriamo per conoscere l’opinione di persone di cui c’interessa su cose che c’interessano: mi pare piuttosto evidente, non fosse altro per esperienza diretta pliuriennale, come nella stragrande maggioranza dei casi questo sia in drammatica e pressochè totale contraddizione con i social network classici.

Questo porta ancora una volta a considerare la superiorità dei blog, non fosse altro per una versatilità che manca – in queste proporzioni – a qualunque altra piattaforma.

Ciò che mi consola e mi fa rimanere sui Mastodon è che mi sembra di aver scoperto una “terza via” tra le innumerevoli incarnazioni dei miei deliri in paginette che digitalmente chiamo casa e un’apertura verso una parte di mondo cui potrei – per puro accidente – dare qualcosa e dalla quale potrei – se fortunato – ricevere altrettanto. Probabilmente, molto di più.