Con la catena al collo

Mentre cercavo – stolto – di ridurre il numero di post non letti nella mia coda di Reeder, mi sono imbattuto in due articoli interessanti e strettamente correlati. In una maniera non del tutto positiva.

Portiamo all’attenzione della giuria il reperto numero uno: un post di Matthew Cassinelli su una nuova app che consente di scrivere presentazioni in Markdown. E no, non è iA Presenter (anche se ha il medesimo problema in una forma leggermente più irritante).

Bell’idea, realizzazione ammirevole, sembra che possa fare per me. Clicco sul link all’interno del post, mentre recito l’ormai solito mantra:”speriamo che non sia solo in abbonamento”.

Sul sito, alla voce “Pricing”, vedo un meraviglioso 35€ “one time purchase”. Gioisco, poi leggo l’intestazione: Mac version. Vabbè, penso stupidamente, la tariffa sarà unica (molti sviluppatori fanno pagare un prezzo cumulativo per le licenze di “ecosistema”. Stolto. C’è una sezione apposta per la versione iOS (“Uau, attenzione alla piattaforma!”) che porta direttamente alla pagina su App Store.

Abbonamento. Mensile o annuale. Nemmeno troppo caro. Ma solo quello.

Proseguiamo con il reperto numero due: un post di Loox su LibreItalia e i Copernicani, associazioni cui il nostro s’iscrive da anni, che svolgono un’azione meritoria e che dunque godono a giusto titolo della “vetrina” che viene loro offerta.

Poiché negli ultimi mesi sto “curiosando” sulle possibilità “estetiche” di PowerPoint (che resta un programma abbastanza orribile, ma con cui a livello grafico si possono fare cose interessanti con poco sforzo), mi viene la curiosità di verificare se l’app di creazione di slides di LibreOffice possa essere sfruttata allo stesso modo.

Io sono in una condizione di “iPad centrismo totale”: non ho un portatile Mac da anni, il fisso è un Intel i5 del 2014. LibreOffice funziona più che degnamente sul Mac.

Su iOS, in pratica, non esiste.

Qualche visualizzatore, un solo editor non ufficiale.

Questo vuol dire tagliare fuori un’intera fetta di mercato. Magari non grossa, magari non. Importante, ma che esiste.

Se nel primo caso può trattarsi di miopia commerciale, o meglio, di una legittima scelta che io considero miope in quanto utente direttamente “danneggiato”, nel secondo trovo la cosa decisamente più grave.

Chi intende opporsi ad un oligopolio (non è un monopolio, al massimo un duopolio, data l’esistenza della terrificante alternativa Google Docs, a mio avviso anche peggiore di Office365) dovrebbe avere come obiettivo primario – assieme al farsi conoscere come alternativa praticabile – quello della minor frizione possibile nell’adozione della propria soluzione.

Non si possono affidare le sorti del “cavaliere bianco delle Office Suite” al signor Akikazu (giuro, non è uno scherzo) Yoshikawa.

Questi sono tutti anelli di una stessa catena di pessime decisioni. E se un anello solo – fragile, mal pensato, mal realizzato – basta proverbialmente a spezzare la più solida delle catene, con così tanti anelli sbagliati possiamo agevolmente costruirne una che ci trascini a fondo.