Che senso hanno le AirPods Pro
Vabbè, il titolo è quello che è (magari lo cambierò se dovesse venirmene in mente uno migliore, cioè decente, e chi leggerà passerà due secondi a guardare il tutto – specialmente quest’inizio di post – con aria perplessa, riflettendo sulle mie probabili dipendenze da sostanze psicotrope più o meno legali).
In realtà, la considerazione – uno di quei “pensieri da camminata” che vengono mentre si sta facendo tutt’altro e per catturare i quali nasce, in parte, questo blog – proviene da una mezza sfiga. Dopo vari anni di onoratissimo servizio, il mio iPhone XS ha deciso che è il momento di godersi la pensione. Cuffia auricolare andata, schermo che ogni tanto registra tocchi fantasma la cui combinazione potrebbe ordinare la famosa pizza “L’Indigeribile” da Gigetto Er Truce o scatenare un lancio nucleare con la medesima facilità. Ovviamente, mentre ce l’ho in tasca, quindi del tutto a mia insaputa.
Siccome non sono in vena di spendere i soldi necessari ad acquistare un iPhone 14 (Pro o meno) e sto cercando di temporeggiare valutando il nuovo – quando arriverà – mi sono rivolto al ricondizionato.
Amazon mi offre un meravigliosamente sobrio iPhone XR ROSSO a 244€. Visto, preso. Dopotutto, esiste sempre l’onorevole via di fuga delle cover.
Per la legge di Murphy, da qualche tempo ho anche problemi – minori – con le mie AirPods Pro di prima generazione: la sinistra, di tanto in tanto, gracchia leggermente. Stesso ragionamento, in attesa di un mood più appropriato a cambiarle (e del momento in cui cadranno DAVVERO a pezzi, ché io la tecnologia la devasto prima di cambiarla), le alterno con le EarPods.
Quelle a cavo. Esatto. 19€ senza offerte.
Devo dire la verità, ogni volta che mi capita di usarle (le avevo prese per non avere pensieri durante un viaggio in aereo; non date per scontato sia così facile usare auricolari wireless, la probabilità di trovare una “controparte” poco collaborativa è troppo alta, visto che ne andava della mia possibilità di godermi un viaggio in pieno isolamento e senza patemi di batteria) mi stupiscono.
Sono un “pezzaccio di ferro”, ormai reliquia di un tempo passato, superate in ogni aspetto – comodità, praticità in tasca, qualità audio – dalle controparti wireless (non stiamo parlando di hifi, ovviamente: un paio di cablate grosse come la testa dell’ utilizzatore e che costano 1000€ si mangiano a colazione qualunque cuffia “consumer”, ma provate a portarvi dietro il McIntosh cui sono attaccate 😏): eppure suonano BENE.
Bassi profondi, medi e alti distinguibili e godibili senza sforzo, il tutto probabilmente unito all’ottimo mixaggio dei brani di Apple Music (vero vantaggio rispetto a Spotify: suona meglio, senza appello).
Il tutto con un ingombro tollerabile (cavo attorcigliato a parte), un prezzo ridicolo rispetto a qualunque soluzione tws e zero batteria di cui preoccuparsi.
E allora,, schiacciate tra queste e le cuffie “serie” da centinaia di euro, che senso hanno le AirPods Pro?
A mio avviso, una e una sola cosa le rende perfette, specialmente in città: la cancellazione del rumore.
Sono abbastanza vecchio da ricordarmi la cancellazione del rumore nei primi anni ‘90. Il sistema si chiamava “alza il volume finché non lo sente pure quello del piano di sopra, viene giù e ti mena” e aveva il vantaggio di essere universale o – per dirla in maniera “tech” – “cross platform” 😏. Piccolo problema: la perdita di udito garantita. Poter ascoltare qualcosa, qualsiasi cosa, quasi ovunque, indipendentemente dal rumore circostante, senza avere in testa due etti di roba mentre si cammina o sembrare inopinatamente “ggiovane” senza esserlo (risate garantite), a volume “sano” è una svolta assoluta.
Esattamente il motivo per cui spendiamo 250€ per un paio di cuffie che – tutto sommato – ci fanno sentire la nostra musica come un paio da 19.
Single feature, but great enough.